Con affetto e nostalgia, i nostri nonni ci raccontano i tempi passati, le grandi gioie che nascevano da piccoli e semplici gesti, le giornate trascorse a lavorare nei campi e le credenze che hanno accompagnato la loro infanzia.
D’inverno si riunivano tutti vicino “allu cantune” (l’antico camino), raccontandosi storie e aneddoti, “cunti” (racconti) e “culacchi” (curiosità, spesso riguardanti Papa Galeazzo), a volte anche frutto delle loro fantasie, che si sono tramandate fino ai giorni nostri. Una figura protagonista di questi racconti è lo Scazzamurrieddhu (conosciuto in tutta la regione sotto vari nomi: Laurieddhri, Carcaluri, Mininceddhri, Sciacuddhri e Rumpicuperchi). Si tratta di un piccolo, panciuto ma agile folletto dispettoso che appare solo di notte, disturbando il sonno delle sue povere vittime in vari modi, per esempio saltando loro sul petto e premendoglielo fino a togliergli il respiro. Tormentava poi i contadini intrecciando in maniera indistricabile le code e le criniere dei cavalli. Unico modo per sottomettere il folletto ai propri voleri era rubargli il cappellino per la cui restituzione era pronto anche a donare monete. Per conquistarlo, invece, bisognava regalargli un paio di scarpe (era vestito con un abito color tabacco e scalzo) o mettere dei sassolini nelle proprie pantofole. Ripagava svelando i luoghi in cui erano nascosti dei tesori. Infine, era solito fare una domanda alle sue vittime: “vuoi cocci o soldi?”.; a chi rispondeva “soldi” portava cocci, a chi rispondeva “cocci” donava soldi.