L’itinerario inizia da Gallipoli (dal greco Kalè polis, cioè città bella) dall’aspetto orientale, bianca, simile ad un paese delle isole Cicladi. La città si protende nel mare attraverso un promontorio e un’isoletta congiunti da un ponte. E’ nota per l’olio, il vino e il pesce e negli ultimi anni si è andata sempre più affermando come centro di villeggiatura.
La Cattedrale. Posta in una minuscola piazzetta, a stento l’occhio riesce ad inquadrarla nel suo insieme ed a leggere le fantasiose sculture sull’insolito carparo brunato, versatile quanto la pietra leccese. Consacrata a S. Giovanni Crisostomo, fin dal 1126 è dedicata a Sant’Agata, vergine catanese. È il classico esempio di barocco salentino con la facciata riccamente animata da statue e da decorazioni varie.
Nella Pinacoteca della Cattedrale sono conservate opere pittoriche di artisti salentini del ’600 e ’700.
La biblioteca civica è dotata di circa tredicimila volumi, di 32 incunaboli, di preziosi manoscritti e di edizioni cinquecentesche. Nella zona adiacente la Cattedrale sono situati il Seminario e la Chiesa di S. Teresa con l’attiguo Convento delle Carmelitane Scalze, dai pregevoli altari.
Giungendo a Gallipoli dal mare si osserva che le chiese, con i loro colori vivaci ed i campanili, costituivano e costituiscono tuttora dei chiari punti di riferimento per i pescatori.
Tale è la Chiesa della Purità, sede della congregazione degli scaricatori del porto, col trittico maiolicato sulla facciata, raffigurante la Vergine col Bambino e ai due lati S. Giuseppe e San Francesco d’Assisi. Pregevole è il pavimento maiolicato con un fastoso interno abbellito da quattro grandi tele di Liborio Riccio.
Così anche la Chiesa di S. Domenico o del Rosario, quella dedicata alla Madonna degli Angeli (1606), quella del Crocefisso (1741) edificata dai "bottai" e quella di S. Francesco d’Assisi o del Malladrone, di origine duecentesca, notevole per la facciata, le sculture lignee ed un affresco cinquecentesco di scuola veneta.
La Chiesa del Canneto accoglie le preghiere dei pescatori prima della pesca e le loro imprecazioni quando, all’ombra del suo porticato, commentano le lunghe, faticose giornate trascorse in balia del mare. La costruzione si fa risalire al XII secolo, benché sia stata rimaneggiata diverse volte, non ultime nel ’500 e nel ’600.
La Fontana greco-romana è considerata la più antica fontana monumentale d’Italia. Posta come trait-d’union tra l’isola ed il Borgo nuovo, è l’unica fonte che, per secoli e fino a non pochi decenni fa, ha dissetato la popolazione gallipolina. Si fa risalire al periodo di transizione tra la dominazione greca e quella romana. Nella seconda metà del ’500 fu smontata e ricomposta dov’è attualmente, nella zona cosiddetta "del Canneto".
In una città portuale come Gallipoli, oggetto nel passato di frequenti incursioni, non poteva mancare una solida struttura difensiva come il Castello, a guardia del mare ed a difesa della città. Ripetutamente rimaneggiato nel corso dei secoli, conserva l’originaria pianta quadrilatera alla quale sono stati aggiunti successivi corpi di fabbrica. Soprattutto durante la stagione estiva, il Castello riacquista una funzione culturale con l’allestimento di spettacoli, mostre pittoriche ed artigianali. Le sue mura possenti, le torri rimandano ad un periodo di violenze bellicose, ma anche ad un luogo in cui si svolsero fastosi ricevimenti e feste, in particolare nel periodo spagnolo.
Certamente non passano inosservati alcuni pregevoli palazzi civili per lo più barocchi con reminiscenze rinascimentali.
In uno di questi trova posto il Museo Civico piccolo ma straordinariamente interessante.
La cinta muraria, munita di dodici capisaldi, fra torri e bastioni, circonda ancora l’intera isola con un percorso di "mille canne", cioè di due chilometri. Se la si osserva dal mare appare salda ed imponente.
Al centro di un’ampia superficie marina si trova l’Isola di S. Andrea (Risula per i gallipolini), situata a ovest di Gallipoli, in un tratto di mare dove è presente una prateria di Poseidonia.
L’Isola appare desolata, bruciata dalla salsedine, dal sole e dai venti, con i segni dell’uomo che in tempi non tanto recenti l’ha utilizzata come avamposto militare.
Proseguendo verso sud, lungo un territorio che si fa brullo, con i cespugli che prendono il posto della pineta, sulla punta meridionale della baia di Gallipoli si allunga il "Pizzo", un promontorio non dissimile da quello su cui si trova la città; su questo promontorio, detto anche Punta Cutreri, appare la circolare Torre del Pizzo.
Continuando in direzione sud arriviamo ad Ugento nota oggi per la coltivazione del tabacco, che deve il suo nome all’antica Ausentum, di età preistorica. Antica città messapica, con alcune testimonianze di ruderi megalitici, fu romana con il nome di Uzentum. Vi sono state ritrovate numerose tombe con vasi, monete ed iscrizioni messapiche e latine. Testimonianze della gloria passata di questo centro popoloso del Salento sono: il Castello (XIII sec.), il Palazzo Vescovile ( XVIII sec.), la Cattedrale ( XVIII sec. ) e numerosi palazzotti nobiliari. Distrutta e ricostruita più volte si sta affermando come grosso centro agricolo.
Da Ugento, sempre in direzione sud, ci spostiamo a Santa Maria di Leuca estremo lembo d’Italia dove le acque dello Ionio e quelle dell’Adriatico si congiungono (visibile la linea che divide i due mari in una giornata priva di foschia). Affascinante per le sue splendide ville moresche che fanno da cornice alla bianca scogliera e per le grotte che si susseguono lungo la costa. La grotta del Diavolo facilmente accessibile anche da terra attraverso un’apertura alta circa 4 m e larga 2 m e una galleria che, scendendo, si abbassa con un dislivello di diversi metri, passando per un antro a cupola. Le campagne di scavi hanno portato alla luce una vasta gamma di utensili e di ceramiche utilizzate dall’uomo del Neolitico per la caccia e la cottura delle prede (cervo, bue, capra, cinghiale).
La grotta del Fiume così chiamata per un avvallamento che la sovrasta, un letto scavato da un antico fiume per raggiungere il mare.
La grotta del Presepe ricca di effetti cromatici e plastici.
La grotta Tre Porte che deve il nome ai ciclopici passaggi calcarei per cui vi si accede e dove l’acqua è di colore blu intenso. Essa presenta sulla parete nord del vano interno, a circa 3 metri sul livello del mare, un cunicolo che termina dopo circa 30 m in un’ampia camera sub-circolare con stalattiti e stalagmiti.
La grotta dei Giganti che deve il suo nome alle ossa e ai denti di pachidermi rinvenuti in essa, inglobati nel materiale detritico misto a terra rosso-violacea che riempì la grotta durante una fase di regressione delle acque marine. Nella parte bassa della grotta sono stati trovati numerosi focolari con carboni ed ossa combuste di età paleolitica e nella parte alta cocci di ceramica risalenti all’Età del Bronzo. La grotta fu frequentata anche millenni dopo, come testimoniano le varie ossa umane, i cocci bizantini e le monete in bronzo di Costantino VII e di Romano I rinvenuti al suo interno.
La grotta della Stalla presenta una grande sala con stalagmiti, facilmente accessibile con la bassa marea, offre giochi di luce incantevoli.
Posta nell’insenatura tra Punta Méliso e Punta Rìstola, la grotta del Drago così chiamata per lo scoglio al suo interno che ricorda una testa di un drago, è profonda circa 40 m, con un’apertura di 30-40 m, e deve la sua bellezza al colore verde-azzurro delle acque che si riflette anche sulle pareti.
A est del promontorio, verso l’Adriatico, si trova la grotta Grande del Ciolo, dove sono state ritrovate testimonianze di antiche civiltà.
Da visitare anche le Grotte di Terrarico, le Grotte di Verdusella, la Grotta di Ortocupo, Grotta la Cattedrale e la Grotta della Vora, cavità alta più di 25 m, con la volta caratterrizzata da un inghiottitoio che crea fantastici giochi di luce.
Il faro, che segnala lo ’spartiacque’ fra Jonio e Adriatico, domina il paesaggio e il Santuario dedicato a S. Maria ( costruito nel 1720 ), è adagiato su una bianca scogliera ed è conosciuto anche col nome "de finibus terrae". Il Santuario di S. Maria è posto ’alla fine del mondo’ agli antipodi di un altro santuario, in Normandia, proteso su una scogliera nell’Atlantico, la punta di Raz. Secondo la credenza popolare bisogna recarvisi in pellegrinaggio almeno una volta nella vita per poter accedere al Paradiso.