L’Italia ha in sé due patrimoni: uno noto ai più, quello delle tradizioni familiari, quello del buon cibo e di un tempo che sembra immobile, nel bene e nel male, di un ritmo di vita lento, di gesti, arte, fiducia nella bellezza artistica e ambientale come sola arma di salvezza.
E poi ha un patrimonio nascosto, che si ha il privilegio di toccare e capire solo dopo averlo conosciuto dal di dentro.
Un patrimonio inedito e inaspettato fatto anche di innovazione, sguardo al futuro, fiducia mista a senso critico.
Un patrimonio meno fiabesco ma pur sempre reale, pur sempre ricchezza.
Anche la Puglia e, concentricamente, il Salento, non escono fuori da questa scatola cinese di ricchezza che più diventa profonda e piccola, più sa andare oltre l’ovvio.
Per questo abbiamo deciso di parlarti dell’arte del Salento che va oltre il bellissimo barocco e la pietra leccese. Abbiamo deciso di farti scoprire alcuni scorci di design e manualità che sono partiti dal locale per diventare poi nazionali e internazionali.
Per il barocco e la pietra c’è sempre tempo, oggi parliamo d’altro.
E lo facciamo attraverso i lavori di Maurizio Buttazzo, designer, artigiano inventore e creatore di oggetti che uniscono l’inventiva ad una riflessione ironica e politica sull’arte stessa, sui materiali, sul consumo.
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Ideatore di progetti socio-culturali importanti del territorio, tra cui le Manifatture Knos, curatore degli allestimenti della manifestazione “Cinema del Reale” e parte di importanti progetti internazionali, ha esposto e lavorato a Torino e Parigi con ottimi riscontri di critica e anche di vendita.
Ed è proprio all’estero e nella città sabauda che lo specifico dei suoi ultimi anni di lavoro ha avuto il maggiore exploit, nonché l’origine. Infatti proprio a Torino ha lavorato per una cooperativa che si occupa di riciclo artistico che ha indirizzato buona parte del suo interesse degli anni successivi.
Dopo un trascorso fotografico (i suoi scatti sui primi sbarchi degli albanesi negli anni ’90 sono unici, un vero patrimonio documentaristico) ha concentrato negli ultimi 15 anni della sua attività creativa sul tema artistico e politico del riuso, il riciclo e la creazione attraverso vecchi oggetti: dai tappi di plastica fusi in lampade dal design particolare, specchi, sedie e oggetti anche molto complessi ad antiche valige che diventano misteriose lampade narranti scene di vita passate e perdute.
La luce è centrale nella sua produzione, almeno questa è l’impressione di chi ha la fortuna di imbattersi nella sua casa, teatro (sembra davvero un teatro sperimentale) in cui si alternano quinte luminose, lampade colorate ottenute con materiali e vecchi oggetti di tutti i tipi (persino vecchi pezzi di calciobalilla), luci che vengono da filari di luminarie di paese. Ci si perde, non si sa dove guardare senza una guida.
Lui ci guida tra i suoi lavori e nel suo laboratorio, tra un caffè, una gatta dal pelo lungo e scuro e una miriade di oggetti ancora in attesa di avere un nuovo senso.
Dietro ai suoi lavori si nota non solo riflessione e vitalità civica, ma anche molta ironia. Senso civico e senso cinico insieme. Maurizio è riservato, discreto, fa oggettiva fatica a definirsi artista.
“Che cosa è un’artista? Io davvero non lo so…”, dice. Poi aggiunge, dopo un tiro di sigaretta fatta con cartina e tabacco: “credo che un artista si guardi intorno e crei da quello che vede, insieme a ciò che gli viene da dentro. Riflette…”
È probabilmente l’incontro tra la sua personale sensibilità ecologica, la sua manualità, i suoi trascorsi e il contatto con la realtà moderna che lo ha sempre portato a mettersi in gioco in progetti nuovi, con lo scopo di farli pian piano camminare con le proprie gambe.
Tra gli ultimi, il progetto MOBILI MOBILI, tenutosi lo scorso luglio nel comune di Specchia e che nel 2016 vedrà la sua seconda edizione.
Il progetto è iniziato con la raccolta e il recupero di oggetti abbandonati nelle cantine e nei garage di case private e luoghi pubblici.
Buttazzo andava anche personalmente a raccogliere quanto agli altri non serviva. Con questi oggetti vecchi, si sono progettati e realizzati, in un laboratorio gratuito per persone dal 16 anni in su, nuovi oggetti e arredi per gli spazi collettivi. Il laboratorio, che parte del progetto “GAP, il territorio come galleria d’arte partecipata”, finanziato da Fondazione con il Sud, ha permesso di reinventare e dare nuova vita, nuove funzioni e nuovi significati a oggetti altrimenti destinati all’abbandono o alle discariche.
Maurizio ci racconta della sua sorpresa nel vedere la partecipazione attiva soprattutto di ragazzi e ragazze giovanissimi, nonostante – o forse proprio grazie – al loro mancato quotidiano rapporto con la manualità.
Il messaggio che passa da queste attività, oltre che da questi pezzi unici (la maggior parte, i migliori, non nella sua casa perché esposti o venduti) è artistico e politico.
“Tutto quello che vedi era spazzatura, scarti di qualcuno. Per me sono ricchezza, un po’ ispirazione, un po’ lavoro”